Diffide e Repressione

Contro Diffide e Repressione: LOTTIAMO INSIEME

noproblemDi fronte ad episodi di violenza eclatanti, solitamente vengono emanate normative eccezionali sempre più severe. Queste norme, però, è giusto che siano riviste con un occhio più critico, per valutare la loro efficacia sia nella capacità di colpire i veri responsabili dei reati, sia per garantire la difesa che questi provvedimenti devono offrire a coloro che ne sono colpiti. Infatti, in Italia, finora l’unica risposta per arginare il fenomeno del tifo violento è stata l’adozione di misure d’ordine pubblico sempre maggiore. Si è così delegato alle sole forze dell’ordine il compito di contenere, reprimere, e punire il tifo violento. Il risultato è una maggior tensione intorno ai campi da gioco non tanto tra ultrà delle opposte tifoserie, ma tra ultrà e forze dell’ordine (talvolta del disordine!). Al raduno di Pistoia del 19/09/1998 è stato emesso un documento approvato da 40 tifoserie atto a proporre alcune modifiche alle normative vigenti. Il punto principale è tentare di limitare la discrezionalità del Questore, che troppo spesso ricorre alla diffida senza elementi di fatto obiettivamente rilevati, irrogandola anche solo “per aver incitato, inneggiato o indotto alla violenza” talvolta a personaggi troppo “Scomodi”. Un altro problema da risolvere riguarda l’obbligo di firma. Secondo la formulazione proposta, sarebbe consentito al diffidato di recarsi a firmare, nei giorni e negli orari in cui si svolgono le competizioni agonistiche interdette, anche negli uffici di polizia situati in luoghi diversi da quello di residenza. Si è previsto anche di allungare i tempi a disposizione per il giudizio di convalida da 2 a 5 giorni. Un altro correttivo proposto per arginare in maniera più efficace i comportamenti violenti, è l’introduzione, a fianco dei provvedimenti repressivi, di misure di intervento sociale, con politiche non tanto mirate a reprimere, ma capaci di analizzare i motivi di questa violenza e di incidere sulla mentalità che sta alla base di certi atteggiamenti. Siamo certi che da una conoscenza approfondita del fenomeno del tifo di curva, potrà emergere che la curva è un forte luogo di aggregazione sociale giovanile portatore anche di valori positivi ed energie potenti, di cui la violenza espressa in varie occasioni non rappresenta che uno degli aspetti. Inoltre, l’applicazione di una politica di intervento sociale consentirebbe tramite l’ausilio e la mediazione di alcune agenzie sociali (ad es. i Fanprojekte tedeschi, i Fancoaching belgi, la Football Supporters Association in Inghilterra) di attivare un dialogo tra tifosi autoorganizzati ed istituzioni, premessa indispensabile per creare un clima meno teso negli stadi.

SE SEI FERMATO DA AGENTI IN BORGHESE:
devono mostrarti il tesserino, altrimenti puoi rifiutare di fornire i documenti e di essere perquisito.
SE TI TROVI COL GRUPPO IN UN BUS CHE VIENE FERMATO E PERQUISITO:
la perquisizione è legittima, ma anche in questi casi il verbale deve essere compilato sul posto e consegnato immediatamente.
SE IN QUESTURA TI TRATTENGONO PER INTERROGARTI:
chiedi in che veste sei (accusato, testimone o altro), se sei stato trattenuto come accusato, non rispondere, prima di aver contattato un avvocato, se non per dare le tue generalità.
SE RITIENI CHE DEGLI AGENTI IN DIVISA ABBIANO COMMESSO UN SOPRUSO:
è un tuo diritto richiedere il loro nominativo ed eventualmente sporgere denuncia. Se non ti viene fornito il nominativo rivolgiti ad un magistrato e denuncia il fatto.

NOTESSERA

Roma, sabato 14 novembre 2008
MANIFESTAZIONE CONTRO LA TESSERA DEL TIFOSO…

Ecco cosa è la tessera del tifoso, secondo l’osservatorio delle manifestazioni sportive.

La “tessera del tifoso” è uno strumento di “fidelizzazione” adottato dalla società di calcio che prevede verifiche della Questura attraverso una procedura standard diramata a livello nazionale con apposita direttiva ministeriale. Il progetto lanciato dall’Osservatorio si pone l’obiettivo di creare la categoria dei “tifosi ufficiali”.

La tessera, rilasciata dalla società sportiva previo “nulla osta” della Questura competente che comunica l’eventuale presenza di motivi ostativi (Daspo in corso e condanne per reati da stadio negli ultimi 5 anni), fidelizza il rapporto tra tifoso e società stessa.

A cosa da diritto

– al possessore non si applicano le eventuali restrizioni alla vendita dei biglietti;
– vengono snellite sia le procedure di acquisto dei biglietti che quelle di accesso allo stadio, attraverso la creazione di varchi dedicati;
– è favorita la concessione di facilitazioni, privilegi e/o benefici da parte delle società (accumulo di punti, diritto di prelazione per l’acquisto di biglietti, convenzioni con altre società       private come Ferrovie dello Stato, Autogrill, sponsor, ecc.).

I vantaggi per la sicurezza

– permette di “costituire” la categoria degli spettatori “ufficiali”;
– garantisce l’aumento degli standard di sicurezza del pubblico, perché esclude dagli impianti i soggetti sottoposti a Daspo o a condanne per reati da stadio;
– consente alle società sportive di avviare rapporti “virtuosi” con le tifoserie ufficiali, soprattutto per le trasferte;
– nel tempo determinerà la costituzione, nell’ambito delle Società Sportive, dei c.d. “dipartimenti dei tifosi” che in altri grandi club europei hanno trovato applicazione con apprezzabili risultati.

http://www.osservatoriosport.interno.it/tessera_del_tifoso/index_tessera_tifoso.html

Ecco in parole povere cosa è:

Per assistere ad una partita di calcio un qualsiasi cittadino dovrà essere previamente schedato e ricevere il nulla osta della Questura.

Chiunque abbia ricevuto un DASPO (divieto di accesso negli impianti sportivi) negli ultimi 5 anni non può usufruire della tessera del tifoso, anche se il Daspo è stato già scontato o, se in corso, il cittadino è ancora in attesa di giudizio da cui potrebbe risultare innocente.

Una cosa impensabile in uno Stato liberale di Diritto, ancor più grave considerato che l’autorizzazione sarà negata anche a chi sia stato giudicato innocente nelle aule di tribunale.

Dopo Diffide e Denuncie gratuite, in attesa di processi lunghi, dopo le trasferte vietate dall’osservatorio, dopo la repressione che sta uccidendo l’unica parte sana del Calcio che è quella dei tifosi, questa è la conferma che il mondo del Calcio e quello Ultras in particolare sono diventati un laboratorio nel quale sperimentare nuove leggi e forme di controllo sociale.

Ricordiamo che il calcio è, per fatturato, la quarta industria Italiana e per salvaguare l’egemonia dei padroni del pallone, vengono istituite ogni volta leggi speciali.

La Costituzione Italiana afferma che:

dall’articolo 13 al 28
Le libertà individuali: gli articoli dal 13 al 16 affermano che la libertà è un valore sacro e quindi inviolabile (art. 13), che il domicilio è inviolabile (art. 14), che la corrispondenza è libera e segreta (art. 15), che ogni cittadino può soggiornare e circolare liberamente nel Paese (art. 16).

Le libertà collettive: gli articoli dal 17 al 21 affermano che i cittadini italiani hanno il diritto di riunirsi in luoghi pubblici (con obbligo di preavviso all’autorità di pubblica sicurezza), privati e aperti al pubblico (liberamente) occasionale (art. 17) e di associarsi liberamente hanno uno scopo comune non devono andare contro il principio democratico e del codice penale (art. 18), che ogni persona ha il diritto di professare liberamente il proprio credo (art. 19), che ogni individuo è libero di professare il proprio pensiero, con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di comunicazione (art. 21).

Il diritto penale: gli articoli dal 22 al 28 affermano il principio della forza legittima (art. 23), il diritto attivo e passivo alla difesa in tribunale (art. 24), il principio di legalità della pena (art. 25), limitazioni all’estradizione dei cittadini (art. 26), il principio di personalità nella responsabilità penale (art. 27, com. 1), il principio della presunzione di non colpevolezza (art. 27, com. 2) ed il principio di umanità e rieducatività della pena (art. 27, com. 3).

CONSIGLI UTILI PER I DIFFIDATI

diffidaAppena notificata la diffida, mettiti in contatto con un avvocato. Ricordiamo comunque che la difesa non è obbligatoria perché la diffida è un provvedimento amministrativo. (E’ il caso che in ogni curva i gruppi ultrà abbiano un loro avvocato di fiducia, meglio se egli stesso è un tifoso, così comprende certe dinamiche. Se si è diffidati in gruppo è meglio avere tutti uno stesso difensore).

Sulla diffida deve esserti comunicato: da quando entra in vigore, devono essere specificati i luoghi, i nomi delle vie in cui non puoi transitare ed il motivo per cui è stata comminata. Se mancano alcune di queste informazioni chiedi al tuo avvocato di recuperarle.

Se la diffida è con obbligo di firma hai la possibilità di presentare, entro 48 ore (che sono poche), un memoriale a difesa al Gip che deve convalidarti l’obbligo di firma.

Se ritieni la diffida ingiusta consigliamo di fare immediatamente un ricorso gerarchico tramite il tuo avvocato entro 60 giorni dalla notifica della diffida. Il Prefetto (o il Questore) ha la facoltà di rigettare (di solito capita quasi sempre) il tuo ricorso entro i 60 giorni successivi dalla data di presentazione dello stesso. Nel ricorso, se non si hanno avute precedenti condanne o se non si hanno altri procedimenti penali in corso, è sempre utile allegare i due certificati di carichi pendenti (uno va richiesto in pretura, l’altro in Tribunale), ed il Certificato del Casellario Giudiziale (da richiedere in Tribunale).

Per quanto riguarda la diffida con obbligo di firma, c’è la possibilità, comunicandolo in forma scritta all’Ente che te la ha emessa (Questura), di chiedere di andare a firmare in una caserma di un’altra città, se quel fine settimana ci si trova fuori sede. La Questura ti deve far sapere dove! Ricordati, in questo caso di farti rilasciare un documento che provi che tu hai firmato, per evitare equivoci.

In questura non potrebbero trattenerti, se non giustificandone il motivo, per cui dopo la firma sei libero. Se vuoi fare la richiesta per firmare fuori dalla sede consueta, ti conviene fare una richiesta scritta almeno 15 giorni prima, ed aspettare la risposta. In caso di mancata risposta, esigila tramite il tuo avvocato.

In caso venga rigettato il ricorso gerarchico, puoi fare entro 60 giorni un ricorso al Tar (che però ha tempi lunghi e spese non inferiori ai 2 milioni).

Una volta che ti è scaduta la diffida ricordati, almeno per il primo periodo, di portartela dietro, perché potrebbero non averti ancora cancellato allo stadio dalla lista dei non graditi. Quindi, puoi evitare spiacevoli inconvenienti (tipo il perderti la partita per controlli etc.).

REATI DA STADIO – I provvedimenti adottati dallo Stato

Ecco i punti salienti del disegno di legge “Nuove disposizioni per contrastare i fenomeni di violenza in occasione di manifestazioni sportive”:

Art.1: l’ordine di presentazione del questore nei confronti delle persone denunciate o condannate per atti di violenza in occasione di manifestazioni sportive è ora esteso all’intera giornata di svolgimento della competizione:

– la pena per i contravventori alle prescrizioni è aumentata, dalla precedente misura (da 3 a 18 mesi) all’attuale (da sei mesi a due anni);
– è prevista la possibilità di irrogazione di una particolare misura da parte del giudice, sia in sede di convalida sia con sentenza, consistente nell’obbligo di non allontanarsi dalla propria dimora in occasione di competizioni sportive;
– le misure del questore e del giudice possono essere ora applicate anche con riferimento a manifestazioni sportive che si svolgono all’estero;

Art. 2: introduce una specifica fattispecie di reato, consistente nel lancio di corpi contundenti in occasione di competizioni agonistiche (pena della reclusione da 3 mesi a 3 anni);
Art. 3: introduce la possibilità di arresto in flagranza per tutti i delitti non colposi, consumati o tentati, commessi con violenza su cose o persone in occasione di manifestazioni sportive;
Art. 4: Introduce una circostanza aggravata (aumento della pena fino alla metà) per i reati commessi con uso di violenza in occasione di manifestazioni sportive; si esclude il giudizio di prevalenza o di equivalenza; si prevede, per i delitti commessi con violenza, il giudizio direttissimo;
Art. 5: si aumentano le sanzioni a carico delle società sportive che continuano a intrattenere rapporti con associazioni di tifosi cui aderiscono soggetti denunciati o condannati per atti di violenza in occasione di manifestazioni sportive.

SIMBOLI POLITICI – I 7 PUNTI APPROVATI DAL CONSIGLIO FEDERALE

Ecco i sette punti approvati dal Consiglio Federale. Con gli striscioni da stadio d’ora in poi ci si comporterà così:

1. QUANDO Se il responsabile dell’ordine pubblico ritiene che uno o più striscioni esposti dai tifosi costituisca incitamento o apologia della violenza o della discriminazione razziale e che dunque sia reato, si rivolge al quarto uomo per chiedere all’arbitro di non iniziare o sospendere la gara.
2. I CALCIATORI In caso di sospensione, i calciatori dovranno rimanere al centro del campo.
3. LO SPEAKER Lo speaker dello stadio informerà il pubblico sui motivi del mancato inizio o della sospensione, invitando all’immediata rimozione dello striscione.
4. L’ARBITRO L’arbitro, nell’ipotesi di prolungamento della sospensione, può ordinare alle squadre di rientrare negli spogliatoi
5. RIPRESA DI GIOCO Toccherà al responsabile della sicurezza dare istruzioni all’arbitro per la ripresa del gioco
6. TEMPO SOSPENSIONE Trascorsi 45′ dalla sospensione o dal mancato inizio l’arbitro dichiarerà chiusa la gara.
7. PROVVEDIMENTI Gli organi della giustizia sportiva adotteranno i provvedimenti disciplinari previsti dall’art. 7 C.G.S. (che prevede la sconfitta a tavolino per 0 – 2).

Il Caso Raciti

Articolo di Giuseppe Lo Bianco e Piero Messina
(fonte: http://espresso.repubblica.it)

giovedì 08 marzo 2007

racitiDue telecamere fisse puntate fuori e dentro lo stadio riprendono l’unica carica cui partecipa l’ispettore capo del reparto mobile Filippo Raciti contro la teppaglia catanese scesa giù dalla curva Nord per aggredire gli odiati “cugini” palermitani appena giunti al Massimino con un’ora di ritardo. Sono le 19,04 del 2 febbraio scorso e le immagini restituiscono i gesti di un ragazzone grande e grosso che con altri cinque o sei ultras afferra e poi scaglia verso gli agenti un pezzo di lamiera. Lo stesso pezzo, secondo le ricostruzioni degli investigatori, verrebbe usato contro il plotone di divise blu a mo’ di ariete. Ma questo le immagini non lo mostrano. È in quegli attimi, compresi tra le 19,04 e le 19,09 che, secondo la Procura dei minori e la Squadra mobile di Catania, Raciti riceve il colpo mortale che gli recide una vena del fegato. Ed è qui, sul filo dei minuti e dei fotogrammi, che rischia di sommarsi il dramma di un ultrà minorenne, Antonio, 17 anni, travolto da un’accusa ancora tutta da dimostrare. Un “carusu do Furtino”, quartiere ad alta densità popolare di Catania, attirato dal fumo dei lacrimogeni e dai rumori della rissa, pronto a rigirare la felpa per calarsi il cappuccio sul volto, un “carusu” che la sera del 6 febbraio, ripreso dalle telecamere nascoste nella camera di sicurezza della questura di Catania, alla domanda di un ultrà rinchiuso con lui: “L’hai ammazzato tu?”, avrebbe fatto cenno di sì, spavaldo, con la testa. Basta questa ammissione, poi smentita durante l’interrogatorio, e contestata dalla difesa del minorenne secondo cui il video girato in questura dimostra esattamente il contrario, a chiudere la partita dell’accusa e a rendere giustizia alla morte di Raciti? “L’espresso” è in grado di ricostruire, momento per momento, che cosa è accaduto quella sera a Catania.

Ore 16,30: un’ora prima del calcio d’inizio migliaia di persone affollano la zona cosiddetta del prefiltraggio, tra l’esterno delle curve e l’area interna dello stadio. “C’era una fila enorme all’ingresso della curva Nord”, racconta Sergio, uno dei tifosi presenti, “è stato in quel momento che hanno deciso di aprire i cancelli. E tutti, 5 mila, 6 mila persone, sono entrati senza alcun controllo. A me non è stato vidimato l’abbonamento. Neanche ai tornelli c’era alcun controllo, né da parte della polizia, né da parte degli steward dello stadio”. Tra i tifosi entra anche Antonio, piccoli precedenti per rissa, figlio di un operaio della St Microelectronics, azienda gioiello della Silicon Valley catanese, e di una fioraia, studente del quarto anno dell’istituto Val di Savoia.

Ore 19,04: il secondo tempo è cominciato da qualche minuto e allo stadio arrivano i pullman dei tifosi palermitani, scortati dalla polizia. Dai gradoni della curva Nord inizia un fitto lancio di oggetti verso gli avversari, protetti da un cordone di polizia e carabinieri in assetto antisommossa. Partono i primi lacrimogeni. Dagli spalti i più esagitati si precipitano verso le uscite per cercare lo scontro fisico. Tra loro c’è pure Antonio.

Ore 19,04-19,09: due telecamere fisse riprendono l’unica carica cui partecipa l’ispettore Raciti, riconosciuto con certezza dal casco opaco, ricordo del G8 di Genova, dai gradi sulle spalline e dall’assenza dei parastinchi. La prova più forte dell’accusa è un “combinato disposto di due filmati realizzati da due posizioni diverse”. Le riprese non sono complete perché entrambi gli obiettivi non colgono l’eventuale contatto. La prima telecamera puntata verso l’interno della Nord riprende i tifosi che raccolgono un pezzo di lamiera, probabilmente un coprilavabo in alluminio con delle spalliere, che pesa circa cinque chili. Si intravedono altre cinque o sei persone, non riconosciute, che insieme ad Antonio raccolgono quella sbarra e la lanciano “a parabola”. L’altra telecamera è puntata verso l’esterno e ritrae i poliziotti che si dirigono verso l’ingresso della curva Nord. Viene ripreso anche il momento in cui la lamiera cade per terra sollevando polvere.

Interrogato l’8 febbraio, il minorenne indagato si riconosce nei fotogrammi, ammette di avere scagliato insieme agli altri il pezzo di lamiera e anche di averlo “spinto una volta” contro gli agenti, ma sostiene di non avere colpito nessuno. Per gli investigatori l’assenza di immagini determinanti “è un dettaglio marginale”, perché, sostengono, “è rigorosamente logico che ci sia l’impatto” tra il giovane e l’ispettore. Una tesi contestata dalla difesa: “Dalle immagini”, dice l’avvocato Giuseppe Lipera, “si ha la perfetta percezione che l’oggetto lanciato abbia compiuto interamente la sua traiettoria per inerzia, senza urtare alcunché. Nei filmati non c’è alcun fotogramma che ritragga i giovani che brandiscono a mo’ d’ariete quel pezzo di lamiera. Anche i carabinieri del reparto mobile di Palermo, interrogati l’11 febbraio, non aggiungono nulla. Quel possibile colpo non l’ha visto nessuno, neanche i carabinieri che erano alle spalle dell’unità guidata dall’ispettore Raciti, all’ingresso della curva Nord”. Intanto la scientifica sta esaminando lo strappo subito dal giubbotto di Raciti “sul lato destro” per accertare la compatibilità, anche dalle tracce di polvere, con il lavabo di alluminio. Ma il punto è un altro. Se Raciti subisce un colpo mortale, nessuno se ne accorge. Neanche lui.

Ore 20,30: la partita è finita, ma gli ultras proseguono la guerriglia fuori dello stadio. A un’ora e 20 da quell’unica carica Raciti continua a difendere l’ordine pubblico. “Ci lanciavano estintori”, ricorda Carmelo P., collega di Raciti, “pietre, pezzi di ceramica e lavabi contro i nostri mezzi. Abbiamo preso un Discovery per cercare di allontanarli, ma ci hanno assalito, sfondando la carrozzeria della vettura, i vetri. È persino scoppiata una ruota”. Sessantadue tra poliziotti e carabinieri refertati all’ospedale Garibaldi, contro 25 tifosi testimoniano una violenza a senso unico. Persino il capo del reparto mobile, Pietro Gambuzza, alle cinque del mattino si accorge di avere il piede destro fratturato. “Eravamo riusciti a fermare uno degli aggressori, io non volevo andare via”, ricostruisce l’agente, “ma Raciti mi ha detto di portare il fermato nel camper dove li raccoglievamo e sono andato. Da lontano ho poi visto del fumo sotto la vettura e quando sono tornato sul posto Filippo era già in barella svenuto”. Raciti è nel Discovery, qualcuno getta una bomba carta dentro l’auto. Alle 20,34 l’ispettore si accascia: “Mi sento male, aiuto…”. Lo soccorre un medico della polizia che per primo si accorge del Discovery che procede lentamente a marcia indietro con lo sportello anteriore destro aperto, scortato da agenti di polizia. L’ispettore arriva al pronto soccorso dell’ospedale Garibaldi in condizioni disperate. Il referto d’ingresso parla di arresto cardiocircolatorio per barotrauma, evento conseguente all’onda d’urto causata da esplosione. Il corpo di Raciti, infatti, non presenta alcun segno visibile di contusione o di contatto con un corpo contundente. “Ci siamo accorti subito che era gravissimo”, dice Sergio Pintaudi, direttore del Dipartimento di emergenza: “Dalla lettiga dell’ambulanza al lettino del pronto soccorso il volto è diventato cianotico e le labbra nere. Il cuore ha smesso di battere. Raciti viene sottoposto a massaggio cardiaco, adrenalina e defibrillazione, poi viene trasferito in rianimazione”. Ma il cuore è fermo e non ripartirà più; dall’organo arrivano solo segnali elettrici di risposta alle cardiostimolazioni,il cervello si fermerà intorno alle 22,10. Dice il medico: “Gli esami hanno evidenziato la lesione di una vena del fegato, ma sul corpo non c’era alcun segno visibile di impatto. Questo può non voler dire nulla: un colpo di questo tipo può essere aggravato da tanti fattori come la posizione del corpo o eventuali movimenti. Considerando la carica di adrenalina del momento e la giovane età, il colpo che ha causato la lesione va collocato in un arco temporale di tre quarti d’ora al massimo prima del decesso. In altra situazione la morte sarebbe arrivata più rapidamente”. I dati definitivi dell’autopsia, eseguita dal medico Giuseppe Ragazzi, non sono ancora disponibili. Il difensore del minorenne indagato, Giuseppe Lipera, ha nominato un perito per le controanalisi: “Non abbiamo avuto nulla”, spiega il legale, “neanche i primi dati dell’esame autoptico. La Procura dei minori ha comunicato di non poterli fornire perché la perizia è stata disposta da altra autorità giudiziaria, la Procura distrettuale della Repubblica”. Resta una domanda: Raciti muore per il colpo subito tra le 19,04 e le 19,09 non ripreso dalle telecamere? Oppure ne ha subito un altro, mortale, durante la guerriglia successiva?

Una camionetta della polizia in retromarcia. Un urto. Poi l’ispettore si accascia. Dal verbale di un agente forse una nuova verità sulla tragedia di Catania Giallo Raciti in curva Nord

articolo di Giuseppe Lo Bianco e Piero Messin
(fonte: www.espresso.repubblica.it)

venerdì 06 aprile 2007

Discovery della polizia si muove in retromarcia per sfuggire all’inferno di pietre, fumo e bombe carta scatenato dagli ultras catanesi. Poi, un botto improvviso sulla vettura. In quel momento l’ispettore Filippo Raciti si porta le mani alla testa e si accascia. Due colleghi lo adagiano nel sedile posteriore del fuoristrada; l’ispettore si lamenta dal dolore e non riesce a respirare. Potrebbe essere in questo racconto, nel verbale redatto il 5 febbraio scorso alla squadra mobile di Catania, la soluzione del ‘caso Raciti”, l’ispettore di polizia morto dopo gli scontri con i tifosi durante il derby Catania-Palermo del 2 febbraio.
A raccontare è l’autista del fuoristrada, l’agente scelto S. L., 46 anni. È lui che ricostruisce dettagliatamente quella giornata di follia: dall’arrivo dei pullman con i tifosi del Palermo sino agli ultimi momenti di Raciti. Il passaggio più importante del verbale va collocato intorno alle 20,30. Più di un’ora dopo il presunto contatto con gli ultras di fronte al cancello della curva Nord e a partita appena conclusa, mentre fuori dallo stadio continua la guerriglia. Rivela S. L.: “. In quel frangente sono stati lanciati alcuni fumogeni, uno dei quali è caduto sotto la nostra autovettura sprigionando un fumo denso che in breve tempo ha invaso l’abitacolo. Raciti ci ha invitato a scendere dall’auto per farla areare. Il primo a scendere è stato Raciti. Proprio in quel frangente ho sentito un’esplosione, e sceso anch’io dal mezzo ho chiuso gli sportelli lasciati aperti sia da Balsamo che dallo stesso Raciti ma non mi sono assolutamente avveduto dove loro si trovassero poiché vi era troppo fumo. Quindi, allo scopo di evitare che l’autovettura potesse prendere fuoco, mentre era in corso un fitto lancio di oggetti e si udivano i boati delle esplosioni, chiudevo gli sportelli e, innescata la retromarcia, ho spostato il Discovery di qualche metro. In quel momento ho sentito una botta sull’autovettura e ho visto Raciti che si trovava alla mia sinistra insieme a Balsamo portarsi le mani alla testa. Ho fermato il mezzo e ho visto un paio di colleghi soccorrere Raciti ed evitare che cadesse per terra”. Raciti viene adagiato sul sedile e soccorso da un medico della polizia.

L’ispettore muore per la manovra imprudente di un collega alla guida del Discovery? A ipotizzarlo, dopo avere letto il verbale, è adesso la difesa dell’unico indagato, il minorenne Antonio S. arrestato pochi giorni dopo gli scontri, e accusato dell’omicidio. Scrive il medico Giuseppe Caruso, nella consulenza di parte: le fratture delle quattro costole dell’ispettore e le sue lesioni al fegato sono compatibili, “con abbondante verosimiglianza, con il bordo dello sportello di un fuoristrada o dello spigolo posteriore di un identico autoveicolo”.

Si potrebbe ribaltare dunque lo scenario proposto dalla polizia e dal pm della Procura presso il Tribunale per i minorenni, Angelo Busacca, che accusano il giovane di avere scagliato, con altri, un pezzo di lamiera contro un gruppo di agenti, tra cui Raciti, che tentavano di proteggere i tifosi del Palermo. Un gesto compiuto, come testimoniano le riprese video, tra le 19,04 e le 19,09. La partita giudiziaria ora si gioca sul terreno medico-legale. A sostegno della nuova richiesta di scarcerazione per mancanza di indizi del minorenne gli avvocati Giuseppe Lipera e Grazia Coco hanno depositato la consulenza di Caruso che demolisce le considerazioni del medico-legale del pm, Giuseppe Ragazzi. “La frattura delle coste, a maggior ragione quando le coste fratturate sono diverse”, scrive Caruso, “comporta dolori lancinanti e difficoltà respiratorie immediate e non consentono, a chiunque, lo svolgimento delle normali attività fisiche”. Come ha fatto Raciti, dunque, si chiedono i difensori, a fronteggiare gli ultras catanesi, dalle 19,08 sino alle 20,20, con quattro costole fratturate e un’emorragia al fegato senza avvertire dolori? La risposta è affidata a una nuova consulenza medico-legale collegiale, che gli avvocati hanno chiesto al gip Alessandra Chierego, con “esperti di chiara fama, non escludendo l’ipotesi di dovere chiedere la riesumazione del corpo dell’ispettore”. Oltretutto Raciti, dopo le 19,08, ha continuato il suo lavoro senza problemi, come testimonia il suo collega Lazzaro: “Mentre eravamo in macchina non ho sentito Raciti lamentare dolori o malessere”. Dopo due mesi di indagini della polizia di Catania ora il caso Raciti è affidato ai carabinieri del Ris di Parma: i risultati della nuova perizia si conosceranno entro un paio di mesi.

Caso Raciti: cadono le accuse di omicidio

(fonte Datasport)
Lun 04 Giu, 6:16 PM

Clamoroso sviluppo nel caso legato al diciassettenne indagato per la morte dell`ispettore Filippo Raciti. E’ stata il gip Alessandra Chierego ad annullare l`ordine di arresto per omicidio da lei stessa emesso nella prima fase dell`inchiesta nei confronti del giovane, accusato di essere stato il protagonista dei tragici fatti del 2 febbraio a margine del derby siciliano fra Catania e Palermo che portarono all’assassinio del 38.enne ispettore capo di polizia.

Il ragazzo ha avuto la notizia dai propri legali, che lo hanno incontrato nel carcere per i minorenni di Bicocca. In cui comunque il giovane, minorenne, rimarra`, visto che nei suoi confronti resta pendente l`ordine di arresto per resistenza aggravata a pubblico ufficiale.

La sostanza e` quindi quella che non vuole il ragazzo accusato improvvisamente diventare innocente, ma semplicemente sottolinea come siano venuti meno alcuni indizi che avrebbero legato il giovane ultra` catanese alla morte di Raciti.

Nel provvedimento il gip sottolinea come vengano introdotti elementi di dubbio che ‘fanno sminuire la graniticita` del costrutto accusatorio’. In parole povere non c’e` la prova che il sottolavello in lamiera con il quale, secondo l`accusa, il minorenne avrebbe colpito l`investigatore all`ingresso della curva nord del Massimino, abbia provocato la morte di Raciti.

La posizione della famiglia Raciti e` laconica e trova sfogo attraverso le parole del legale che ne cura gli interessi: ”Se ora il gip ha deciso la scarcerazione dell`indagato significa che ricorrevano le condizioni per farlo” . Nessuno vuole trovare un colpevole a caso, basta che, una volta tanto, la giustizia trovi quello vero.

 

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